Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema
13/10/25
Siamo studentəe dottorandədell’Università di Bologna e dei Dipartimenti di Sociologia e Scienze
Politiche di Palazzo Hercolani.
Abbiamo deciso di occupare la nostra sede per continuare a dare carburante al movimento per la
liberazione della Palestina. Pensiamo che,dopo le oceaniche mobilitazionidelle scorse settimane per
la Global Sumud Flotilla e contro il genocidio in Palestina,sia necessario un salto di qualità di
questo movimento e che ciò non possa che partire dalle università.
Queste mobilitazioni hanno dimostrato, tra le tante cose, un elemento fondamentale: c’è
un divario enorme tra ciò che le persone dimostrano di volere e ciò che il governo italiano fa.Il
mondo osserva in diretta un genocidio e ne pretende la fine; il governo continua a vendere armi
e stringere accordi con Israele.
In questo contesto, la Flotilla ha risvegliato l’immobilismo sociale degli ultimi anni. È stato il
principio di efficacia – sapere che si può contare e incidere – che ha spinto la moltitudine a bloccare
in massa aeroporti, stazioni, porti e intere città durante gli scioperi generalie le manifestazioni di
queste settimane. Del resto, è questo che dovrebbe significare attivarsi: assumersi la responsabilità
di determinare i cambiamenti che vogliamo vedere nel mondo.
Per questo pensiamo sia necessario conoscerci e darci spazio.Sentiamo l’esigenza di spezzare la
normalità del presente. Vogliamo creare un hub organizzativo per un movimento che ora ha bisogno
di riconoscersi,confrontarsi ed evolversipartendo da Palazzo Hercolani ma unendoci ed
espandendoci ad altri Dipartimenti. Vogliamo porre le basi per creare un metodo organizzativo
nuovo e creativo che riesca a superare alcuni dogmi dei collettivi;che sia all’altezza del periodo
storico e del movimento globale contro le oppressioni che fa sventolare la bandiera pirata di One
Piece.
Non possiamo tornare a un’ingiusta normalità ora che abbiamo capito che se ciattiviamo in prima
persona possiamo trasformare ilbrutale mondo in cui viviamo.
Allora, cosa facciamo? Blocchiamo tutto e ci organizziamo!
I cartelli nelle piazze di queste settimane sono stati chiari:”Volevamo liberare la Palestina, invece la
Palestina sta liberando noi”. Partiamo da questo. Immaginiamo come possiamo migliorare in primis
la nostra situazione e quotidianità. Partiamo da un’Università totalmente asservita al capitalismo
contemporaneo – che quindi riproduce un sistema che genera precarietà esistenziale, devastazione
ambientale, violenze di genere, etc –e da reimmaginare come un’istituzione capace di creare spazi
di discussione e di organizzazione, oltre che di sapere critico rispetto a questa contemporaneità
disumana. Servono discussioni, saperi e strumentida cui attingere per trasformare l’esistente.
Allo stesso tempo,UniBo continua a intrattenere rapporti con Israele, con il genocidio e con la
guerra. Questo ci fa inorridire e vogliamo ilboicotaggio accademico di tutte quelle aziende, enti e
università che contribuiscono al genocidio del popolo palestinese e all’escalation bellica che stiamo
vivendo.
Chiamiamo quindi student, dottorand, personale tecnico-amministrativo e tutte le componenti ə ə
universitarie a supportare attivamente l’occupazione. Chiediamo ai docentidi non limitarsi a
esprimere solidarietà, ma di partecipare in prima persona alla costruzione di questa pratica, per
esempio rimodulando le loro lezioni in accordo con studentie studentesse. Invitiamo la parte
solidale della città di Bologna a partecipare, ognunəcome può,diventando l’equipaggio di terra della
Global Sumud Flotilla.
Vogliamo essere laboratorio politico, aperto e da costuire insieme per confrontarci ed organizzarci a
supporto del movimento per la liberazione della Palestina e per trasformare radicalmente il
presente in cui viviamo.
Invitiamo la comunità universitaria, collettive, gruppi di affinità e chiunque voglia partecipare a
questo laboratorio permanente a costruirlo insieme a noi.
Studentə e dottorandə dell’Università di Bologna e di Palazzo Hercolani contro il genocidio e per una
nuova Università